Perché
protettore degli innamorati?
San Valentino è noto in tutto il mondo come
patrono degli innamorati. Questo titolo nasce da alcune leggende di seguito riportate…
La
rosa della riconciliazione
San Valentino, sentendo un giorno bisticciare due giovani fidanzati, i quali stavano
passando al di là della siepe del suo giardino, uscì loro incontro tenendo in
mano una bella rosa. Il capo canuto, il volto sereno e sorridente del buon vecchio
e quella rosa, tenuta in alto col gesto di donarla, ebbero il magico potere di
calmare i due innamorati in lite.
Quando poi egli, donando realmente quel
purpureo fiore, volle che tutti e due insieme stringessero il gambo con cautela
per non pungersi e spiegò il "cor unum" di due persone sposate, l'amore era tornato
come prima.
I due tornarono poi da lui finché, come desiderava, non fu proprio
il Santo Vescovo a benedire il loro matrimonio felicissimo.
La cosa si riseppe
e allora fu una processione ad invocare il patrocinio di lui sulle famiglie da
fondare.
Il Vescovo, però, aveva anche altre occupazioni pastorali alle quali
accudire, perciò stabilì per quella benedizione il quattordici del mese. Ed il
quattordici del mese è restato, ma ristretto a quello di febbraio, perché in quel
giorno egli andò a celebrare le sue nozze in Paradiso.
I
bambini
San Valentino coltivava un variatissimo giardino affiancato ad
un prato. In questo permetteva che giocassero liberamente tutti i bambini che
volevano. Egli si affacciava ogni tanto dalla sua cappella per sorvegliarli e
bearsi della loro vivacità chiassosa. Aveva i medesimi gusti di Gesù, il quale
diceva: "Sinite parvulos venire ad me". Quando si avvicinava la sera egli scendeva
in giardino e tutti quegli uccellini di Dio gli cinguettavano attorno saltellando.
Allora egli li benediceva tutti. Poi dava a ciascuno un fiore con raccomandazione
di portarlo alla mamma, ottenendo così che tornassero a casa presto e alimentassero
l'amore e il rispetto per i genitori.
In questa leggenda è indicata abbastanza
bene l'origine dei piccoli regaletti, che oggi si seguitano a mandare alle persone
a cui si vuole bene.
L'amore
sublime
C'era una bella ragazza di nome Serapia, la quale abitava in una
piazza di Terni, l'attuale Piazza Clai. Passando spesso di lì un giovane centurione
romano, di nome Sabino, la osservò più volte, se ne innamorò e la chiese in sposa.
I parenti di lei, però, non volevano, perché Sabino era pagano mentre loro erano
tutti cristiani. Allora lei gli suggerì di andare dal loro Vescovo e farsi istruire
ben bene e farsi battezzare. Cosa che egli per amore di lei fece.
Ma quando
questo ostacolo era stato sormontato, ne sorse uno grandissimo. Si scoprì che
Serapia era affetta da una forma di tisi avanzatissima. Disperazione dei genitori
e del giovane legionario romano.
Fatto venire il santo Vescovo presso il letto
della moribonda, Sabino supplicò il Santo che non permettesse che egli si separasse
dalla sua amata. La vita gli sarebbe riuscita un lungo martirio insopportabile.
Valentino alzò le mani e la voce al Padre di tutti. Ed un sonno beatificante unì
per l'eternità quei due cuori dal palpito sincrono, mentre si stringevano per
l'eternità.
I
colombini
C'era a Terni un Grande Sacerdote buono buono e tanto bravo.
Egli possedeva un grande giardino che nelle ore libere dall'apostolato coltivava
con le proprie mani ed innaffiava con l'acqua delle "forme" fatte da poco.
Siccome questo Sacerdote, che tutti chiamavano il Buon Pastore, era veramente
tanto buono, permetteva ai bambini di andare a giocare nel suo giardino, raccomandando
che non avessero fatto danni, perché poi la sera avrebbe egli regalato a ciascuno
un fiore da portare a casa.
Un brutto giorno, però, vennero dei soldati e
imprigionarono il Grande Sacerdote e lo portarono dal re di allora, che era cattivo,
e questo lo condannò al carcere a vita. I bambini piansero tanto. Ed il Sacerdote
Grande, che si chiamava Valentino, stando in carcere pensava ai bambini, ai quali
voleva tanto bene e che ora non avrebbero più avuto un luogo sicuro dove giocare.
Che fare? Ci pensò il Signore. Fece fuggire dalla gabbia del distratto custode
due dei piccioni viaggiatori, che Valentino manteneva nel giardino stesso. Questi
piccioni, guidati da un misterioso istinto, ritrovarono il carcere dove stava
chiuso il loro santo padrone. Si posarono sulle sbarre della sua finestra e presero
a tubare fortemente. Valentino li riconobbe, li prese sulle mani e li accarezzò.
E poi legò al collo di uno un sacchetto fatto a cuoricino con dentro un biglietto;
ed al collo dell'altro assicurò una chiavetta.
Naturalmente la loro assenza
era stata notata con dispiacere, come poi con somma gioia fu avvertito il loro
ritorno.
Si notò quello che portavano, e si riconobbe subito nella chiavetta
quella del giardino. Quale fu poi la gioia dei familiari e dei bambini, che aspettavano
fuori, quando intesero leggere le parole del biglietto, è facile immaginarlo.
Che c'era scritto? "A tutti i bambini che amo… dal vostro Valentino".
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